Pietro Vitalini è stato uno dei protagonisti della valanga azzurra che ha infiammato l’Italia tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. C’era anche lui nel gruppo di talenti che comprendeva Kristian Ghedina, Deborah Compagnoni e Alberto Tomba, il periodo d’oro dello sci italiano.
“Nel 1995 l’Italia ha vinto la Coppa del Mondo a squadre, una cosa mai più successa – ricorda Pietro – e non fu un risultato casuale: concludevamo sempre tra le prime posizioni, un periodo stupendo per lo sci azzurro.”
Ci sono due Pietro Vitalini: il campione e l’imprenditore. Oggi ci occuperemo della prima parte della sua vita, quella con gli sci ai piedi, promettendovi che concluderemo il discorso in un prossimo pezzo, anche perché lui ci ha confidato che ci saranno grandi novità per il suo marchio dal 2014.
La persona che mi ha permesso di contattare Pietro, mi ha detto “Pietro Vitalini. Non hai mai visto il video?” Lui ride, perché quel video l’ha visto centinaia di volte – oltre che vissuto in prima persona! – e l’ha pure pubblicato nel sito della sua azienda.
Kitzbuhel, discesa libera. Pietro scende come un fulmine ma perde il controllo degli sci, si fionda contro le barriere, saltandole, e ruzzola per un tempo che sembra infinito. Poi si rialza e scende la gara successiva come se nulla fosse successo, sfiorando pure il podio.
“Quel video è un po’ come il riassunto della mia carriera e del mio modo di vedere la vita: mai mollare!”
La carriera di Pietro Vitalini (nato a Bormio nel 1967 ma cresciuto in Valfurva) inizia presto, grazie a un nonno con una baita sulle piste di S.Caterina. Un talento cristallino, una carriera iniziata prestissimo che altrettanto velocemente poteva finire.
“Non è stato semplice all’inizio, fino agli 11 anni ero piuttosto indietro in classifica. Avevo il talento ma non il fisico. Appena mi sono sviluppato sono esploso, vincendo il titolo italiano allievi a 14 anni. Purtroppo a sedici un problema al ginocchio mi ha fatto perdere due stagioni ed è stato solo grazie al Dott. Maggi di Sondalo se ho potuto riprendere. Non finirò mai di ringraziarlo, mi ha salvato.”
Una carriera che ha rischiato ancora di fermarsi. Ancora infortuni e risultati altalenanti lo hanno portato a dubitare di potercela fare. “Ma non ho mai smesso di amare lo sci. A diciotto anni ho fatto il patentino di maestro di sci, sapevo che il mio futuro sarebbe stato sulla neve.”
Le umili origini di Pietro – padre muratore, madre casalinga – lo hanno aiutato a rimanere sempre coi piedi per terra e gli hanno insegnato a non mollare mai, contro qualsiasi avversità. “A vent’anni, in Val Gardena, sono finito dritto nel bosco, cavandomela solo con un braccio rotto. Per un po’ ho avuto una sorta di blocco psicologico, da cui fortunatamente mi sono ripreso.”
Dopo aver conquistato per due volte – 1988 e 1992 – il titolo italiano di discesa libera, Pietro Vitalini ha avuto la sua stagione d’oro nel 1995: lo stesso anno del tremendo volo di Kitzbuhel ha ottenuto i risultati migliori, anche se la sfortuna ha voluto metterci ancora una volta lo zampino. “Quella stagione andavo sempre a podio e ho vinto due volte, ma la federazione internazionale non mi ha convalidato i risultati.” Una regola assurda – modificata in seguito – che non convalidava le gare in cui non scendevano almeno due terzi degli sciatori. Paradossalmente, col regolamento di oggi, le vittorie sarebbero state entrambe inserite nell’albo d’oro.
Mondiali, Olimpiadi e ancora sfortuna, quella che gli ha impedito di andare ai Giochi Olimpici di Nagano del 1998. “A dieci giorni dalla partenza mi sono spaccato una caviglia giocando a pallavolo. Avevo già la schiena dolorante e ho chiuso la stagione in anticipo, facendo entrambe le operazioni.”
La stagione seguente è più simile a un calvario. La schiena e le ginocchia, provate da anni di sci agonistico, dolgono e i risultati non sono più quelli di prima. “Avrei potuto continuare, ero sempre nei primi tre italiani, ma non mi interessava chiudere le gare 20°. Era il momento giusto per smettere.”
Pietro Vitalini ha chiuso così una carriera che lo ha visto cinque volte sul podio in Coppa del Mondo, cinque volte ai mondiali e una alle Olimpiadi, nel 1994, una carriera da “talento innato, peccato per tutti gli infortuni che mi hanno rallentato, quasi tutti avvenuti fuori dalle piste da sci.”
Già da qualche tempo Pietro si stava preparando per una nuova sfida, ma questa è un’altra storia, che racconteremo la prossima volta.
max
20 ottobre 2013 at 21:03
Mitico Pietro!