Il popolo ha bisogno di eroi e di personaggi leggendari, e anche la Magnifica Terra non fa eccezione. Peccato che poi la storia non sia mai bella come vorrebbero i miti.
Secondo la leggenda citata da Guido Peggion e Giuseppe Ramazzotti nel loro libro su Bormio, il figlio dell’ultimo re d’Italia Berengario II, Adalberto, fu un eroe di guerra che, pur di vendicare la morte del padre, perì sotto una cresta del Gavia. Adalberto cavalcò contro l’esercito tedesco, pronto a lanciarsi nella battaglia, quando il fido cavallo Vioz morì stremato. Tra i ghiacci anche il principe capì che non avrebbe resistito molto e si preparò alla dipartita. Come primo atto spezzò le armi, per fare in modo che il nemico tedesco non ne potesse far trofeo. Poi si tolse la tunica e vi si adagiò sopra, lasciando accanto a sé tre sacchetti d’oro: uno per il viandante pietoso che seppellirà le sue spoglie, uno per i monaci della montagna, affinché “preghino per la grandezza e la liberazione dell’Italia” e l’ultimo per “tutti i poveri e i ciechi che, errando nel mondo, celebrino nei canti le gesta del glorioso Adalberto, figlio di re.”
Secondo la leggenda il corpo dello sventurato e coraggioso principe non fu visto dai tedeschi. Fu la madre a ritrovarlo e a seppellirlo in una località chiamata Palon de la Mare.
Bellissima leggenda, peccato che la storia ci abbia tramandato tutt’altra verità, molto meno epica. In sostanza Berengario II – rappresentato in copertina – e il figlio Adalberto (931-975) sarebbero stati nominati Re d’Italia dopo la morte del precedente Re Lotario II, nonostante il forte sospetto di aver avvelenato il precedente sovrano.
Il tentativo di Berengario II di far sposare il figlio Adalberto con la vedova di Lotario II non fu ben accolto in Germania, costringendo Ottone I a scendere e prendere lui stesso la donna in sposa. Nonostante ciò l’imperatore tedesco nel 957 – dopo qualche scaramuccia – confermò il titolo a Berengario II. Ma quando il nuovo Re d’Italia cercò di espandersi verso il papato, Ottone I tornò nel Belpaese – chiamato dal Papa Giovanni XII – costrinse Berengario alla resa nella Fortezza di San Leo (RN), si prese il titolo di Re d’Italia e lo esiliò a Bamberg, città attualmente in Baviera (961).
In tutto questo il ruolo di Adalberto fu molto strategico e poco temerario. Quando cadde il padre si nascose in un luogo imprecisato e successivamente fuggì in Francia. Nel 962 Adalberto tornò in Italia, richiamato da Papa Giovanni XII, che aveva intenzione di tradire l’imperatore Ottone solo pochi mesi dopo averlo incoronato. Nel 963 l’imperatore germanico – allertato dalle numerose spie che aveva a Roma – ridiscese con un esercito imponente nella penisola. Le difese papali non si opposero – anche perché il Papa non era proprio un esempio di moralità, con comportamenti lascivi e dittatoriali – e i due cospiratori furono costretti a fuggire in Corsica.
Al contrario del fratello Guido, che perì realmente e con coraggio sui campi di battaglia, Adalberto “il glorioso”, vista la malparata e dopo qualche altro maldestro tentativo di fomentare i bizantini contro Ottone, preferì ritirarsi definitivamente in Borgogna, dai parenti di sua moglie Gerberga, dove trovò la morte nel 975. Con buona pace dei ciechi e dei viandanti che avrebbero dovuto narrarne le gloriose gesta.
Spank
23 ottobre 2013 at 12:38
Ma quali eroi!!!!!
Il popolo ha bisogno di altro!!!!!
Ma per piacere!!!!!