Chi segue il nostro blog sa che spesso ci dilettiamo nel trovare tradizioni e storie nella Bormio dei secoli scorsi. Essendo la Festa della Mamma una ricorrenza relativamente recente – creata negli USA a inizio ‘900 e importata a metà secolo anche nello Stivale – non se ne ha traccia nel passato remoto. Però possiamo dare un occhio a qualche curiosa tradizione legata alle mamme.
Come già abbiamo detto, i bormini erano – e sono! – molto gelosi delle proprie donne, ricordando la famosa tassa codificata dall’articolo 56 degli Statuti di Bormio.
Quando si parla di mamme nella tradizione di Bormio, la prima cosa che salta in mente sono le piccole attenzioni che, durante la gravidanza, una donna doveva curare. Se la donna aveva la sventura di vedere un incendio, il bambino sarebbe nato con una “macchia color della fiamma.” Anche lo cosiddette “voglie” erano bandite. Una donna presa da un irrefrenabile desiderio, durante la gravidanza, avrebbe lasciato una voglia sul nascituro nel punto esatto del corpo dove la madre si tocca.
Non essendoci le moderne strumentazioni, era più semplice stabilire il sesso del nascituro. Se la donna ha vomiti e nausee, sicuramente sarà maschio! Un altro metodo “infallibile” per stabilirlo era guardare il viso della futura mamma. Diventa scuro e lentigginoso? Femmina. Rimane del colore naturale? Maschio.
Dopo il parto, entro una settimana la donna riprendeva le sue occupazioni domestiche ma, alla prima uscita di casa, doveva andare a farsi benedire dal parroco con l’acqua santa, per purificarsi.
Care mamme di Bormio, anche future, vi lasciamo con un curioso detto, che magari potreste già conoscere.
“Ki prèst indènta
prèst al se imparènta”
Sapreste tradurlo? Un abbraccio a tutte le mamme da Bormio News. Uno più forte alla mia, che mi ha sempre voluto bene e me ne vuole anche oggi, sempre di più.
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